Sicurezza e complicanze della gravidanza dopo trapianto di fegato: evidenze da uno studio multicentrico italiano

Salvatore Stefano Sciarrone1, Alberto Ferrarese1, Debora Bizzaro1, Sofia Volpato2, Francesca Maria Donato3, Federica Invernizzi3, Laura Trespidi4, Ilaria Giuditta Ramezzana4, Alfonso Wolfango Avolio5, Erida Nure5, Marco Maria Pascale5, Stefano Fagiuoli6, Luisa Pasulo6, Manuela Merli7, Lucia Lapenna7, Pierluigi Toniutto8, Ilaria Lenci9, Roberto Di Donato10, Nicola De Maria11, Erica Villa11, Alfonso Galeota Lanza12, Simona Marenco13, Sherrie Bhoori14, Laura Mameli15, Umberto Cillo16, Patrizia Boccagni16, Francesco Paolo Russo1, Patrizio Bo17, Erich Cosmi2, Patrizia Burra1

1. UOSD Trapianto Multiviscerale, Dipartimento di Chirurgia, Oncologia e Gastroenterologia, Università di Padova; 2. UOSD Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Università di Padova; 3. Divisione di Gastroenterologia, Ospedale Maggiore Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano; 4. UOSD Ostetricia e Ginecologia, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Ospedale Maggiore Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Milano; 5. Unità del Fegato, Dipartimento di Chirurgia, Policlinico Agostino Gemelli, Roma; 6. Unità di Gastroenterologia, Epatologia e Trapianto di fegato, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; 7. Gastroeterologia, Dipartimento di Medicina clinica, Sapienza Università di Roma; 8. Medicina Interana, Dipartimento di Area medica, Università di Udine; 9. Unità di Epatologia e Trapianto di fegato, Dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata, Roma; 10. Dipartimento di Malattie digestive e Medicina Interna, AOU di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna; 11. Dipartimento di Medicina Interna, Unità di Gastroenterologia, AOU Policlinico di Modena; 12. Unità di Epatologia, Ospedale Cardarelli, Napoli; 13. Dipartimento di Medicina Interna, Unità di Gastroenterologia, Ospedale Policlinico San Martino, Genova; 14. Dipartimento di Chirurgia e Oncologia, Istituto Nazionale Tumori IRCCS, Milano; 15. Centro Trapianti di Fegato e Pancreas, AO Brotzu, Cagliari; 16. Unità di Chirurgia epatobiliare e Trapianti di fegato, Dipartimento di Chirurgia, Oncologia e Gastroenterologia, AOU, Padova; 17. Unità di Ginecologia e Ostetricia, Ospedale di Cittadella, Ulss 6 Euganea, Pordenone.

Pervenuto l’11 novembre 2022.

Riassunto. Le pazienti sottoposte a trapianto di fegato grazie alla continua ottimizzazione delle tecniche chirurgiche e delle terapie immunosoppressive e soprattutto grazie alla prevenzione delle complicanze post trapianto, nella maggior parte dei casi recuperano una normale capacità riproduttiva già nei primi mesi dopo l’intervento. Tuttavia sono ancora aperti diversi quesiti riguardo l’outcome della gravidanza post-trapianto. Alcuni studi sulla gravidanza post-trapianto hanno dimostrato un normale decorso della gestazione. Nonostante ciò, ci sono ancora questioni aperte riguardo all’immunosoppressione ottimale per quanto riguarda effetti collaterali e teratogeni sulla madre, la stabilità dell’organo trapiantato, e la salute fetale. Nel 2019, sotto l’egida del Comitato Permanente Trapianti dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, è stato condotto uno studio multicentrico che ha coinvolto quattordici dei ventuno centri italiani di trapianto di fegato con l’obiettivo di valutare l’outcome della gravidanza post-trapianto di fegato di riceventi e neonati. Tra il 1990 e il 2018 abbiamo raccolto dati riguardi sessantadue gravidanze in sessanta pazienti trapiantate di fegato. L’età mediana al momento del trapianto era di ventiquattro anni (range 1-38) e la mediana del tempo fra trapianto e concepimento era di otto anni (range 1-31 anni). Durante la gravidanza, quattro riceventi hanno avuto complicanze che hanno richiesto ricovero ospedaliero, con ottimo outcome. Il 100% dei feti è nato vivo. Abbiamo rilevato un basso peso alla nascita rispetto ai normali percentili in 8/62 neonati (12,9%) e con analisi multivariata abbiamo correlato l’evento a valori elevati di AST, ALT e GGT durante la gravidanza. Tra le pazienti trapiantate una sola è deceduta sei mesi dopo il parto a causa dell’insorgenza di neoplasia ematologica. In conclusione abbiamo osservato che la gravidanza dopo il trapianto di fegato ha un esito favorevole. Tuttavia, se non gestita in maniera adeguata, la gravidanza va incontro a un maggior numero di complicanze materne correlate al trapianto e a un maggior tasso di prematurità, di conseguenza, le pazienti trapiantate di fegato che vanno verso una gravidanza devono essere seguite presso centri di terzo livello e affidate ad un team multidisciplinare. Il rispetto del regime immunosoppressivo è fondamentale per garantire la stabilità della funzione del fegato trapiantato. L’allattamento al seno è generalmente sconsigliato a causa del possibile passaggio al neonato dei farmaci immunosoppressori, in particolare ciclosporina e tacrolimus; al contrario recenti studi sono a sostegno della sicurezza di questa pratica, ritenendo trascurabile la quota di farmaco assunta dal feto tramite il latte materno.

Parole chiave: outcome della gravidanza, trapianto di fegato, infertilità, immunosoppressione, allattamento.

Safe pregnancy after liver transplantation: evidence from a multicenter Italian collaborative study

Summary. Currently, women who have undergone liver transplantation (LT) enjoy a much better health. However, several questions about the safety of pregnancy are still pending. Previous data on pregnancy after LT have shown favourable outcomes. Notwithstanding, there are still concerns regarding maternal and graft risks, optimal immunosuppression (IS), and foetal outcome. In 2019, under the auspices of the Permanent Transplant Committee of the Italian Association for the Study of the Liver, a multicentre survey including 14 out of 21 Italian liver transplant centres was carried out aiming at evaluating the outcomes of recipients and new-borns, and graft injury/function parameters during pregnancy in liver transplant recipients. 62 pregnancies occurred in 60 liver transplant recipients between 1990 and 2018. Median age at the time of transplant was 24 years-old (range 1-38) and median time from transplantation to conception was 8 years (range 1-31 years). During pregnancy, 4 recipients experienced maternal complications. Live birth rate was 100%. Low birth weight (LBW) was observed in 8/62 new-borns (12.9%). LBT was correlated to high values of AST, ALT and GGT. A new-born (born at 25 weeks) died two days after delivery for respiratory complications, a mother died 6 months after delivery due to acute onset of lymphoma. Pregnancy after liver transplant has a favourable outcome, however severe transplant-related maternal complications and prematurity may occur in a higher proportion compared with the general population. Counselling and management of pregnancy in liver transplant recipients should be performed in tertiary care centres and evaluation by a multidisciplinary team is recommended. Compliance to the immunosuppressive regimen is paramount to ensure the stability of graft function. Breastfeeding is generally discouraged because of the passage of immunosuppressive drugs, particularly cyclosporine and tacrolimus, to the baby; evidence is accumulating supporting safety of this practice, provided monitoring of drug levels is performed in the infant.

Key words: pregnancy outcome, liver transplantation, infertility, immunosuppression, breastfeeding.

La gravidanza nelle pazienti con cirrosi epatica è un evento raro; infatti, circa il 30–50% delle donne con malattia epatica cronica riporta amenorrea, ma da quando il trapianto di fegato è stato universalmente accettato come trattamento sicuro e per i pazienti con malattia epatica allo stadio terminale e grazie all’ottimizzazione dei trattamenti immunosoppressivi, il tasso di sopravvivenza dei pazienti è migliorato costantemente negli ultimi 2 decenni che, attualmente, a 5 anni dal trapianto si attesta al 70%. Con queste premesse il follow-up post trapianto si è concentrato anche sull’importanza della qualità della vita del trapiantato e, in particolare, delle donne in età fertile; il desiderio di una famiglia sorge spesso e coinvolge problematiche riguardanti la fertilità e la sicurezza della gravidanza per la madre, il fegato e il feto. La gravidanza dopo trapianto di fegato ha nella maggior parte dei casi un buon outcome, nonostante gli effetti potenzialmente tossici della terapia immunosoppressiva, tuttavia durante la gestazione è mandatorio uno stretto follow up clinico-strumentale.

Lo scopo di questo studio quindi è stato quello di riportare l’esperienza italiana della gravidanza post-trapianto valutando la sicurezza, le possibili complicanze (nelle donne, feti, fegato e neonati) e gli esiti della gravidanza per la madre, il feto e il fegato. Dati raccolti sono stati: le complicazioni materne incontrate durante la gravidanza tra cui diabete, ipertensione, disfunzione renale, pre-eclampsia e il loro impatto sugli esiti fetali, tra cui il tasso di mortalità fetale, la settimana gestazionale, il peso alla nascita, il punteggio di Apgar e il ricovero in unità di terapia intensiva. Lo studio è stato condotto a livello nazionale in riceventi trapianto sotto l’egida del Comitato Permanente Trapianti dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF).

Nel nostro studio abbiamo osservato sessantadue gravidanze in sessanta pazienti trapiantate di fegato tra il 1990 e il 2018 in Italia. Il 97% dei concepimenti è avvenuto naturalmente, mentre il 3% è derivato da fecondazione assistita e transfer dell’embrione. Le indicazioni al trapianto sono state varie, la maggior parte in donne affette da patologia genetica, e quindi trapiantate in età pediatrica. L’età mediana al concepimento è stata di trentuno anni (range 16-40 anni) e l’intervallo mediano tra trapianto e concepimento è stato di otto anni (range 1-31). Complessivamente, cinquantanove donne hanno avuto una gravidanza (di cui una gemellare) e una donna ha avuto 2 gravidanze.

Per quanto riguarda la terapia immunosoppressiva, quattordici pazienti su sessanta erano in terapia con micofenolato mofetile sospeso quando hanno cominciato a cercare una gravidanza, o subito dopo il concepimento a causa del suo potenziale effetto teratogeno sul, sei pazienti erano in trattamento con tacrolimus e otto pazienti in terapia immunosoppressiva con ciclosporina. Complessivamente, durante la gravidanza, i principali regimi immunosoppressivi sono stati quindi: tacrolimus in trentasette su sessantadue gravidanze (60%), Ciclosporina in sedici su sessantadue (26%), mentre nelle restanti nove (13%), il regime immunosoppressivo era composto: in quattro pazienti da ciclosporina e corticosteroidi, in due pazienti da everolimus e azatioprina, uno in ciclosporina e azatioprina, in uno tacrolimus ed everolimus e in uno tacrolimus e azatioprina. Tuttavia, azatioprina ed everolimus sono stati sospesi entro il primo trimestre di gravidanza a causa dei loro effetti potenzialmente pericolosi su il feto e i riceventi hanno mantenuto la monoterapia con tacrolimus e ciclosporina. Il dosaggio di tacrolimus o ciclosporina è stato aggiustato in base ai livelli ematici e in base al trimestre di gravidanza, poiché esiste il rischio di una riduzione dei livelli dovuta al diverso volume di distribuzione del farmaco e dovuto alla fisiologica emodiluizione e all’aumento di peso durante la gravidanza.

Durante la gravidanza nella nostra coorte si sono osservate in quattro pazienti le seguenti complicanze: una ricevente ha sviluppato una forma grave di diabete gestazionale senza chetoacidosi che ha richiesto il ricovero in ospedale e cure mediche; due riceventi hanno sviluppato complicanze infettive che hanno richiesto il ricovero, rispettivamente un caso di colangite e un caso di urosepsi, entrambi risoltisi con la terapia antibiotica; e una paziente è andata incontro a pre-eclampsia durante il terzo trimestre, per cui la paziente è stata sottoposta a taglio cesareo urgente durante la 37a settimana di gestazione. In questi 4 casi non sono stati segnalati danni fetali o disfunzioni dell’organo trapiantato, ne hanno influenzato la sopravvivenza delle pazienti.

Tuttavia, nei sei mesi dopo il parto è stato segnalato un caso fatale di linfoma ad insorgenza acuta.

Durante la gravidanza, nella nostra coorte non abbiamo assistito ad episodi di rigetto. In tutte le riceventi, la funzionalità epatica e renale valutate in ciascun trimestre sono rimaste sostanzialmente stabili se non in 4 casi in cui ci sono state alterazioni AST, ALT e GGT durante tutta la gravidanza, prontamente regredite dopo il parto. In prima ipotesi in un caso l’aumento era dovuto al calo della terapia immunosoppressiva, il secondo a causa di un flare di epatite autoimmune, il terzo per una colangite ascendente in anastomosi biliodigestiva e infine il quarto per semplice fango biliare.

Il tempo mediano di gestazione della nostra coorte di pazienti è stato di 38 settimane, con il primo parto a 25 settimane e l’ultimo a 40 settimane. Trentadue parti su sessantadue (52%) sono stati programmati e le pazienti hanno subito un taglio cesareo, venti su sessantadue (32%) attraverso un parto naturale, otto pazienti (13%) hanno avuto bisogno di induzione del travaglio tramite ossitocina ev. I dati di due partorienti non sono stati disponibili per essere inseriti nello studio. Non sono state registrate complicazioni durante il parto. Tra le pazienti dello studio nessuna ha avuto aborto spontaneo.

Tra i sessantadue neonati, tra cui una coppia di gemelli, il tasso di nati vivi è stato del 100% (62/62), venticinque su sessantadue (40%) sono stati classificati come prematuri, mentre trentacinque (56,4%) a termine. Una paziente, per travaglio inarrestabile; ha partorito un feto vitale a 25 settimane di gestazione, che è morto per complicazioni polmonari 2 giorni dopo il parto. Il peso mediano alla nascita dei neonati era di 2,9 kg (1,05-3,5) e quarantotto su sessantadue (77%) avevano un peso superiore a 2,5 kg. Il basso peso alla nascita del neonato è stato significativamente correlato con l’ipertransaminasemia (p < 0,01). Il punteggio di Apgar in cinquantatré neonati su sessantadue (85,5%) era >8 e solo cinque neonati su sessantadue (8%) hanno avuto necessità di ricovero in terapia intensiva per insufficienza respiratoria. Undici madri, tutte in trattamento con tacrolimus e corticosteroidi (18%) hanno deciso per l’allattamento al seno, senza effetti collaterali sul neonato. Poiché l’obiettivo del trapianto non è solo quello di garantire la sopravvivenza del paziente, ma anche di offrire un miglioramento della qualità della vita, deve essere raggiunto un buon equilibrio tra l’efficacia e l’integrità psicologica e fisica del paziente. Ciò include per le donne trapiantate in età fertile, la possibilità di avere una gravidanza sicura per la madre, il trapianto e il feto.

È noto che i dati degli studi caso-controllo e delle metanalisi indicano un aumento delle complicanze ostetriche nelle donne e un aumento del rischio per i neonati dopo trapianto; tuttavia, gli esiti della gravidanza sono nel complesso soddisfacenti. Immunosoppressione, tecnica chirurgica, età della madre e potenziali comorbidità sono tutti fattori di rischio nelle gravidanze post-trapianto. Non sono attualmente disponibili linee guida basate su forti evidenze per la gravidanza dopo trapianto nonostante molte importanti informazioni cliniche siano derivate dai registri nazionali sull’argomento. Una recente revisione sistematica e meta-analisi che include 38 studi con 1131 gravidanze tra 838 riceventi LT, ha riportato che la gravidanza dopo trapianto è sicura, ma comporta un rischio aumentato di complicanze sia materne che fetali. In questa meta-analisi l’intervallo di tempo ottimale per la gravidanza post trapianto era definito come un minimo di 2 anni. Un intervallo di 4 anni fornisce i tassi più alti di nati vivi e tassi più bassi di aborto spontaneo. Nella nostra coorte, il tempo del concepimento dopo LT era di 8 anni (intervallo, da 1 anno a 31 anni). Per quanto riguardo il rigetto, molti studi riportano un significativo rischio nelle gravidanze che si verificano entro 1 anno dal trapianto. Questo aumento del rischio è stato attribuito ad una diminuzione dell’aderenza ai farmaci immunosoppressori indipendente dalla gravidanza e ad un aumento del rischio di infezione ed inoltre, durante la gravidanza ci sono altre due variabili da considerare: 1) l’immunomodulazione tipica di questo stato e 2) l’alto volume di distribuzione dei farmaci. Pertanto, si raccomanda un attento monitoraggio dei livelli circolanti dei farmaci immunosoppressori, e l’uso della più bassa dose necessaria per prevenire il rigetto, al fine di evitare potenziali effetti avversi sulla madre e sul feto. Si raccomanda il mantenimento del regime immunosoppressivo pre-gravidanza, ad eccezione dei farmaci a base di acido micofenolico e azatioprina che dovrebbero essere sospesi prima del concepimento a causa del loro effetto teratogeno e anche per la tossicità che influenza lo sviluppo e l’aumentata morte intrauterina dimostrata. Nella nostra coorte, trentasette riceventi (60%) erano in trattamento con tacrolimus e venticinque (40%) erano in terapia con ciclosporina (4 in combinazione con steroidi) e non sono state osservate differenze nella funzionalità renale, epatica o nella salute del feto tra i diversi regimi. Azatioprina, everolimus e micofenolato sono stati sospesi in previsione o alla conferma della gravidanza in diciassette donne, senza segni di rigetto, e senza influenzare la durata del fegato. Nella nostra coorte non abbiamo registrato alcun episodio di rigetto, suggerendo un livello adeguato di farmaci immunosoppressori, verosimilmente per un adeguato follow-up e compliance da parte dei riceventi. Per quanto riguarda le complicanze infettive, solo due casi su sessanta riceventi (3,3%) hanno manifestato colangiti e infezioni del tratto urinario trattati con terapia antibiotica. Gli antibiotici sono ampiamente prescritti durante la gravidanza come il metodo più efficace e sicuro per il trattamento e la prevenzione delle infezioni. Si stima che a una donna incinta su cinque in Europa venga prescritto almeno un antibiotico durante la gravidanza; negli Stati Uniti il tasso è doppio. Tuttavia, la prescrizione di antibiotici dovrebbe essere attentamente considerata su base individuale, valutandone i rischio-beneficio sia per il feto che per la madre. È stato dimostrato che la somministrazione di alcuni antibiotici (gentamicina e meropenem) è legata a un tasso significativamente più elevato di enterocolite necrotizzante neonatale, sebbene il trattamento antibiotico sia anche associato a un tasso ridotto di complicanze polmonari e anomalie cerebrali maggiori. In generale, la funzionalità renale ed epatica complessiva è rimasta soddisfacente durante i tre trimestri e paragonabile al valore prima della gravidanza. Le complicanze metaboliche sono comuni durante la gravidanza, nella nostra coorte abbiamo riportato un caso di diabete e un caso di pre-eclampsia; nel primo caso la complicanza si è verificata nel secondo trimestre e non ha portato a prematurità del neonato, nel secondo caso invece ha richiesto un taglio cesareo a 37 settimane di gestazione, l’immunosoppressione in questo caso è stata cambiata da tacrolimus a corticosteroidi a basso dosaggio. È importante sottolineare che a quasi 30 anni dal primo caso di gravidanza post-trapianto in Italia, la sopravvivenza materna è stata eccellente, con purtroppo un decesso su 60 casi, a causa di un esordio acuto di linfoma, probabilmente correlato all’immunosoppressione. Infatti, nonostante una minore incidenza di leucemie e linfomi nelle donne rispetto agli uomini, ci sono poche prove sulla correlazione di gravidanza e linfomi nelle donne sane. I cambiamenti ormonali o immunologici correlati alla gravidanza sembrano avere solo un’influenza minore sull’eziologia delle leucemie. Tuttavia, in alcuni studi si è riscontrato una leggera tendenza alla riduzione del rischio di leucemia mieloide cronica e un altro ha riportato una protezione a breve termine contro la leucemia mieloide acuta durante la gravidanza. D’altra parte, i disturbi linfoproliferativi post-trapianto si verificano nell’1-20% dei riceventi d’organo dopo il trapianto. I fattori di rischio di disturbi linfoproliferativi post-trapianto la negatività al virus di Epstein-Barr prima del trapianto del ricevente, il tipo di trapianto, il grado di immunosoppressione e l’età. Il trattamento dei disturbi linfoproliferativi post-trapianto può richiedere la riduzione dell’immunosoppressione, di radioterapia, terapia chirurgica, target therapy, e della chemioterapia. Nel nostro studio l’intervallo tra trapianto e concepimento non ha influenzato lo sviluppo del feto. Tuttavia, il National Transplant Pregnancy Register non raccomanda una gravidanza nel primo anno dopo il trapianto. Come riportato, la principale condizione che influenza l’esito della gravidanza è la funzione ottimale del fegato trapiantato e il livello di immunosoppressione stabile, quindi non abbiamo indicato il tempo ottimale per la gravidanza post-trapianto, anche se resta comunque consigliabile un’attesa per permettere all’organismo di trovare uno stabile equilibrio dal punto di vista clinico e metabolico.

Infine per le pazienti trapiantate, con infertilità post-trapianto, pochi studi recenti confermano la sicurezza e l’efficacia della fecondazione in vitro, ma le pazienti dovrebbero essere informate sul potenziale aumento dei rischi di sindrome da iperstimolazione ovarica, colestasi della gravidanza e prematurità del feto. In ogni caso il successo della fecondazione in vitro nelle donne post trapianto è paragonabile a quello della popolazione generale, così come l’insuccesso.

Uno dei limiti del nostro studio è la mancanza di alcuni dati come per esempio i livelli ematici di immunosoppressore durante la gravidanza. Inoltre, siamo consapevoli che di recente sono stati pubblicati diversi articoli sullo stesso argomento e che l’originalità dell’opera potrebbe non essere così evidente a livello internazionale. Segnaliamo tuttavia la sua rilevanza a livello di singolo Paese, essendo la prima volta che in Italia vengono raccolti dati sulle gravidanze post-trapianto, dal 1990, anno in cui è iniziata l’attività trapiantologica. Un punto di forza del nostro studio è sicuramente il numero di centri trapianti italiani che hanno collaborato con noi, condividendo i loro dati sulla gravidanza post trapianto. Abbiamo contattato tutti i 21 centri trapianto in Italia e gli unici 7 centri che non hanno potuto accettare lo hanno fatto perché non avevano riceventi donne che hanno avuto gravidanza post trapianto nel loro database, il che significa che tutti gli altri centri trapianto hanno contribuito. La proposta per valutare gli esiti della gravidanza post-trapianto in tutta Italia è stata approvata dalla Commissione Permanente Trapianti dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato e dal rappresentante del Collegio dei Chirurghi del Fegato della Società Italiana dei Trapianti d’Organo.

Pensiamo che il contributo dei rappresentanti di due società scientifiche sia importante per un lavoro di questo tipo. Inoltre, abbiamo dialogato con i medici dell’Unità di Ginecologia e Ostetricia, Dipartimento di Salute della Donna e dell’Infanzia, Azienda Ospedaliera Università di Padova, al fine di organizzare la raccolta dei dati, bilanciando l’esperienza di epatologi e chirurghi trapianti e ostetrici di trapianti. Questa collaborazione ci ha dato una valutazione completa di questa situazione clinica. Un altro notevole punto di forza è il lungo intervallo, fino a 30 anni dal primo caso di gravidanza, che ha dimostrato che la gravidanza dopo trapianto è relativamente sicura sia per le madri che per i neonati. Infatti, in 30 anni abbiamo riportato solo una morte materna e una neonatale, e questi dati rafforzano la forza del trapianto come trattamento curativo definitivo per i pazienti con malattia epatica allo stadio terminale, fornendo loro anche la possibilità di procreare, ed implementare non solo la sopravvivenza dei pazienti, ma globalmente la qualità della vita.

In conclusione, abbiamo riscontrato che, nella coorte italiana di pazienti post-trapianto, le gravidanze hanno esiti positivi nella maggior parte dei casi se è raggiunta una funzione ottimale del nuovo fegato. Considerando le possibili complicanze (ad es. condizioni croniche concomitanti e farmaci immunosoppressori), gli esiti della gravidanza sono rassicuranti e favorevoli. Tuttavia, la gravidanza in questi individui dovrebbe quindi essere attentamente considerata, pianificata e monitorata in un contesto multidisciplinare, incluso il contributo di un ginecologo esperto e di un epatologo dei trapianti. Per la salute della paziente trapiantata e del feto, si consiglia vivamente di eseguire un follow-up ambulatoriale epatologo e ostetrico durante la gravidanza per bilanciare le esigenze del feto con quelle della paziente trapiantata.

Gli obiettivi futuri della ricerca dovrebbero includere la definizione dell’impatto della gravidanza sulla funzione dell’a breve e lungo termine, l’ottimizzazione dello screening durante la gravidanza, l’identificazione dei fattori di rischio specifici per trapianto per la pre-eclampsia e il ritardo della crescita intrauterina e la determinazione dei risultati della fecondazione in vitro. Inoltre, la possibilità di una gravidanza sicura dopo trapianto è questione importante per la qualità della vita delle donne dopo l’intervento; la consapevolezza che nonostante il trapianto esista la possibilità di una gravidanza è un importante fattore psicologico che potrebbe migliorare la qualità della vita dopo il trapianto.




Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interesse.

L’articolo è un estratto in italiano di: Sciarrone SS, Ferrarese A, Bizzaro D, et al. Safe pregnancy after liver transplantation: Evidence from a multicenter Italian collaborative study. Dig Liver Dis 2022; 54: 669-75.

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Indirizzo per la corrispondenza:
Patrizia Burra
Azienda ospedaliera-Università Padova
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35128 Padova
E-mail: burra@unipd.it