Stenosi dell’arteria renale post trapianto

Un caso clinico di ripresa funzionale a sei mesi dalla angioplastica percutanea transluminale

Filippo Montali1,2, Alessandra Panarese3, Barbara Binda3, Laura Lancione3, Francesco Pisani3

1. Research Fellow, Department of Transplant Surgery, Wake Forest University, Winston-Salem, NC 27101;
2. Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologie Università degli Studi dell’Aquila;
3. Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale e dei Trapianti d’Organo, Ospedale Civile San Salvatore, L’Aquila.

Pervenuto il 7 giugno 2021.

Riassunto. La stenosi dell’arteria renale o Transplant Renal Artery Stenosis (TRAS) è una complicanza vascolare comune nel trapianto ed è caratterizzata clinicamente da peggioramento del quadro ipertensivo, o da ipertensione refrattaria al trattamento farmacologico. La TRAS si può associare a deterioramento della funzionalità renale e vi è il rischio di perdita del graft. Una diagnosi precoce e un trattamento mirato sono fondamentali per la salvaguardia del graft renale. Il trattamento endovascolare, costituito dall’angioplastica percutanea transluminale (PTA) con eventuale posizionamento di stent, è considerato la terapia di prima linea per il trattamento della TRAS. Qui riportiamo il caso clinico di una donna di 69 anni affetta da insufficienza renale allo stadio terminale (ESRD) sottoposta nel 2018 a trapianto di rene da donatore cadavere appartenente alla categoria Expanded Criteria Donor (ECD). Il decorso postoperatorio è stato caratterizzato da ritardata ripresa funzionale (DGF). L’eco-Doppler post operatorio mostrava un aumento della velocità di picco sistolico all’origine della neo-arteria renale e un’onda parvus-tardus nelle diramazioni arteriose periferiche del trapianto. Una angio-TAC ha successivamente confermato una stenosi all’origine dell’arteria renale principale (TRAS). La paziente è stata tempestivamente sottoposta a trattamento con angioplastica percutanea transluminale (PTA). Durante la procedura endovascolare, data la particolare posizione della stenosi e il risultato emodinamicamente soddisfacente della angioplastica, non si è proceduto allo stenting. Nel successivo decorso clinico nonostante il netto miglioramento del quadro vascolare del graft, monitorato con frequenti eco-doppler, non si è manifestata una contestuale ripresa funzionale. La paziente è rimasta infatti oligurica e dipendente per diversi mesi dal trattamento emodialitico. Al fine di escludere un quadro di rigetto acuto è stata eseguita una agobiopsia percutanea che ha mostrato un parenchima renale sostanzialmente normale. Durante questo periodo la paziente ha continuato ad assumere la terapia immunosoppressiva. A distanza di circa 6 mesi dal trapianto ha avuto un inaspettato e lento recupero della funzionalità renale e dell’output urinario fino al completo svezzamento dal trattamento emodialitico..

Parole chiave: trapianto di rene, stenosi dell’arteria renale (TRAS), angioplastica percutanea (PTA).

Transplant renal artery stenosis: a case report of functional recovery six months after angioplasty.

Summary. Transplant renal artery stenosis (TRAS) is a common vascular complication after kidney transplantation, leading to worsening or refractory hypertension, deterioration in renal function, and possible cause of graft loss. Early diagnosis and an appropriate treatment are crucial for organ preservation. Endovascular treatment, including percutaneous transluminal angioplasty and stent implantation, is considered the first-line therapy for TRAS. Here we report the case of a 69-year-old woman with end-stage renal disease for chronic kidney disease not biopsy proven, who underwent a kidney transplant from expanded criteria donors on December 2018. Postoperative course was characterized by delayed graft function. Doppler ultrasonography (US) showed an increase of peak systolic velocity at the origin of the renal artery, and parvus-tardus waveform in periferic graft arteries and an abdominal computed tomography scan confirmed a stenosis at the origin of the main renal artery (TRAS). The patient underwent a percutaneous transluminal angioplasty. It was not possible to place a stent at the particular location of the stenosis at the anastomosis. Despite the improvement of the graft’s perfusion, monitored with Doppler US, the patient showed a very poor improvement in renal function and remained on hemodialysis for months. A percutaneous needle biopsy reported a normal renal parenchyma and excluded acute rejection. During this period, the patient received immunosuppressive therapy. About 6 months after the transplant, the patient had an unexpected and slow renal function recovery until she was weaned completely from hemodialysis.

Key words: donation, team, family, assistance, approval, consent.

Introduzione

Il trapianto di rene rappresenta il trattamento gold standard per l’insufficienza renale allo stadio terminale (ESRD), perché migliora la qualità ed aumenta l’aspettativa di vita dei pazienti rispetto al trattamento dialitico. Le complicanze chirurgiche più frequenti del trapianto sono rappresentate dalla fistola urinaria, dal linfocele, dalle infezioni di ferita e dalle complicanze vascolari. Le complicanze chirurgiche precoci sono riportate fino al 10% dei pazienti e la maggior parte di queste sono ad eziologia vascolare, come la trombosi arteriosa o venosa, i leak anastomotici, gli pseudoaneurismi e le stenosi dell’arteria renale (TRAS)1. Tra le complicanze vascolari, la TRAS è la più frequente, con un’incidenza in coorti selezionate che va dal 19% al 23%2. Tuttavia, studi recenti riportano tassi di incidenza dal 2% al 5% a 3 anni dal trapianto3. La TRAS è caratterizzata da un peggioramento del quadro ipertensivo spesso refrattario alla terapia farmacologica, con diversi gradi di disfunzione d’organo in assenza di evidenza clinica di rigetto acuto, ostruzione ureterale o infezioni. L’eziopatogenesi della TRAS è complessa e multifattoriale; può essere correlata a patologie vascolari preesistenti nel donatore o a sopraggiunti traumi al momento del prelievo; ma può generarsi anche durante il trapianto stesso nelle fasi di clampaggio vascolare e in particolare durante il confezionamento delle anastomosi. Circa il 50% dei casi di TRAS si localizza infatti a livello dell’anastomosi, in particolare quelle eseguite con tecnica termino-terminale hanno un rischio di sviluppare TRAS tre volte maggiore rispetto alle anastomosi termino-laterali. La TRAS si manifesta precocemente nel post-operatorio. Gli strumenti diagnostici per evidenziare la TRAS sono rappresentati dall’eco-doppler, l’angioRM, la angio-TAC e l’angiografia4. Una diagnosi precoce e un trattamento mirato sono fondamentali per garantire la futura funzione del graft renale.

Caso clinico

Nel dicembre del 2018 presso il Centro Trapianti dell’Aquila viene sottoposta a trapianto di rene una paziente di 69 anni di razza caucasica affetta da ESRD di origine sconosciuta in quanto “not biopsy proven”, in trattamento emodialitico tri-settimanale da 10 anni. La paziente affetta da ipertensione arteriosa in anamnesi riferiva un precedente episodio di ictus cereberi e presentava agli esami radiologici pre-operatori una aterosclerosi diffusa.

Il graft renale proveniva da un donatore appartenente alla categoria Expanded Criteria Donor. Il donatore, in morte cerebrale per ictus emorragico, era un uomo di 69 anni con pregressa neoplasia prostatica (Gleason 7) trattata con prostatectomia radicale. Il donatore era ricoverato in terapia intensiva da 72 ore e non aveva necessitato di supporto farmacologico inotropo. Come da protocollo nei graft appartenenti alla categoria ECD, l’organo è stato sottoposto a una biopsia pre-impianto che ha evidenziato un Karpinski score di 1 (glomerulosclerosi 0, atrofia tubulare 0, fibrosi interstiziale 0 e arteriolosclerosi 1). L’organo successivamente al prelievo è stato sottoposto a preservazione ipotermica standard con static cold storage. Il cross-match preoperatorio è risultato negativo. Il tempo di ischemia fredda è stato di 8 ore e 35 minuti e la procedura chirurgica si è svolta in maniera regolare con una buona ed omogenea riperfusione dell’organo al termine delle anastomosi vascolari. Il tempo di ischemia calda è stato di 50 minuti. Il trapianto non mostrava anomalie vascolari presentando un singolo tronco arterioso e venoso. Le anastomosi vascolari confezionate con i vasi iliaci esterni sono state eseguite con tecnica termino-laterale. I vasi arteriosi del donatore e del ricevente erano entrambi caratterizzati da placche aterosclerotiche diffuse, che però non hanno impedito di portare a termine l’intervento chirurgico. La terapia immunosoppressiva di induzione si è basata su basiliximab, mentre quella di mantenimento includeva il triplice utilizzo di inibitori delle calcineurine, micofenolato mofetile e prednisone.

Il decorso post operatorio è stato complicato da ritardata ripresa funzionale (DGF), oliguria e alti livelli di creatinina sierica, quadro clinico che già dalla seconda giornata postoperatoria ha necessitato di una seduta di emodialisi ogni 48 ore. Nei giorni successivi la paziente non è stata in grado di svezzarsi dal trattamento dialitico e la sua funzione renale è rimasta stabile con una velocità di filtrazione glomerulare stimata di circa 15 ml/min/1,73 m2 e una diuresi media di 200 ml/die. L’ecografia post operatoria escludeva raccolte liquide o idronefrosi. L’eco-doppler ha rivelato una omogenea vascolarizzazione del graft con un netto aumento della velocità di picco sistolico (280 cm/s) misurata sul tronco principale della neo arteria renale. In quinta giornata post operatoria, una forma d’onda parvus-tardus era rilevabile nelle diramazioni arteriose periferiche del graft con bassi indici di resistenza. Nonostante l’assunzione del trattamento antipertensivo domiciliare (calcio antagonista, alfa litico), si è osservato uno scarso controllo della pressione sistolica. L’uso di fenoldopam (derivato benzodiazepinico a breve durata d’azione, agonista selettivo dei recettori dopaminergici di tipo I DA-1) è risultato inefficace nel migliorare i valori pressori e nel facilitare il recupero della funzione renale. In settima giornata post operatoria, la paziente è stata sottoposta ad angio-TC dell’addome che mostrava un graft omogeneamente vascolarizzato, ma con una stenosi moderata dell’arteria renale (TRAS). La stenosi era localizzata in prossimità dell’anastomosi. Il giorno successivo la paziente è stata sottoposta ad esame angiografico con contestuale esecuzione di angioplastica percutanea transluminale PTA (figura 1).




L’accesso è stato ottenuto tramite l’arteria femorale comune omolaterale al graft: sono state eseguite tre dilatazioni consecutive, utilizzando un baloon da 4 mm di diametro. Il risultato è stato soddisfacente sul piano angiografico con scomparsa emodinamica della stenosi. Al termine della procedura abbiamo ripetuto la misurazione del gradiente pressorio: la pressione media prossimale era di 101 mm Hg e la pressione distale era di 96 mm Hg, con un rapporto Pd/Pa a riposo di 0,95 e il gradiente “peak to peak” di pressione sistolica era di 20 mm Hg. Tali dati sono stati ritenuti endpoint emodinamici sufficienti in caso di trattamento endovascolare della TRAS; per tale ragione e per la localizzazione anatomica della stenosi non si è proceduto al posizionamento di stent. All’eco-doppler di controllo post procedurale la velocità di picco sistolico misurata nella zona precedentemente stenotica si era ridotta a 145 cm/s. La procedura ha avuto tecnicamente successo.

Dopo la procedura endovascolare è stato raggiunto un netto miglioramento del controllo pressorio, ma non vi è stato un miglioramento significativo in termini di funzionalità renale; la paziente infatti è rimasta oligurica e dipendente dall’emodialisi. I successivi eco-doppler di controllo non hanno evidenziato recidive della stenosi. Gli anticorpi donatore specifici sono risultati negativi. Per escludere altre cause di mancata ripresa funzionale dell’organo, a 15 giorni dal trapianto abbiamo eseguito una biopsia percutanea ecoguidata che ha escluso un quadro di rigetto acuto e rilevato un parenchima renale sostanzialmente normale. La paziente è stata dimessa in trattamento emodialitico cronico, continuando però l’assunzione della triplice terapia immunosoppressiva ed effettuando frequenti follow-up presso il nostro Centro.

A circa tre mesi dal trapianto la paziente ha iniziato a presentare un graduale miglioramento dei valori di cretinina sierica e di output urinario con un progressivo allungamento dell’intervallo interdialitico, arrivando ad una seduta dialitica a settimana. A circa 150 giorni dal trapianto si è attestato un pieno recupero funzionale e la paziente è stata completamente svezzata dall’emodialisi.

Discussione

Presso il Centro Trapianti dell’Aquila su una serie di 700 graft renali trapiantati dal 2001 ad oggi, l’incidenza di TRAS è dell’8%, con un trend in aumento negli ultimi anni. Negli ultimi 5 anni, circa il 45% dei reni trapiantati proveniva da donatori in morte encefalica appartenenti alla categoria ECD. La maggior parte degli studi sulla TRAS è rappresentata da studi monocentrici retrospettivi. Rengel5 ha riportato un’incidenza di TRAS del 4,5% in 286 riceventi di trapianto di rene tra il 1990 e il 1997. In uno studio clinico osservazionale della durata di 3 anni dal 2002 al 2005, Hurst3 ha analizzato un totale di 42.403 riceventi di trapianto di rene registrati nel sistema nazionale nordamericano trovando un tasso di incidenza cumulativa di TRAS del 2%.

La maggior parte degli studi è concorde sul fatto che la patogenesi della TRAS è riconducibile a diversi ed eterogeni fattori spesso coesistenti: tecnica chirurgica, prolungato tempo di ischemia fredda, DGF, rigetto acuto, infezione da Citomegalovirus, aterosclerosi, terapia con inibitori della calcineurina, utilizzo di reni marginali (ECD), presenza di arterie accessorie nel graft6.

La TRAS generalmente rappresenta una complicanza precoce che di solito si verifica entro i primi 3 anni dopo il trapianto. Una delle cause principali è rappresentata dalla aterosclerosi. Nel caso qui riportato, l’origine della TRAS potrebbe essere ricondotta in parte allo stato vascolare del donatore (graft ECD, Karpinski 1 per aterosclerosi, placche aterosclerotiche all’ osservazione macroscopica durante la bench surgery), in parte a quello del ricevente (donna anziana, ipertesa, con 10 anni di anzianità dialitica e pregressi eventi cerebrovascolari). In trentacinquesima giornata postoperatoria alla paziente è stata diagnosticata un’infezione da Citomegalovirus (viremia ematica di 4000 copie) che è stata trattata con successo per 3 mesi con valganciclovir. A nostro avviso, essendo questo dato successivo non ha influito sulla genesi del TRAS.

La presentazione clinica della TRAS in questo caso era tipica con peggioramento del quadro ipertensivo e contestuale ritardata ripresa funzionale (DGF). Negli studi di Patel e Halimi sono riportati altri fattori che si associano a TRAS quali la DGF, il danno ischemico riperfusivo e un prolungato tempo di ischemia fredda4,7. La TRAS è stata associata inoltre ad un aumentato rischio di perdita del trapianto (hazard ratio, 2,84;)7.

Il primo strumento diagnostico utilizzato è l’ecografia associata al doppler. Se questo screening iniziale rivela un alto valore di velocità di picco sistolico in corrispondenza del tronco principale dell’arteria, si procede con un iter diagnostico caratterizzato da una angio-TC dell’addome. Una volta certificata la diagnosi, la nostra prima linea di trattamento è rappresentata dall’approccio endovascolare di radiologia interventistica. La riparazione chirurgica è riservata a casi selezionati in cui l’angioplastica e/o il posizionamento dello stent non sono tecnicamente eseguibili o non hanno avuto clinicamente successo. Nella nostra esperienza i pazienti con stenosi lievi sono stati sottoposti ad angioplastica percutanea transluminale (PTA) e quelli con stenosi moderate o severe sono stati sottoposti a PTA e contestuale stenting arterioso. Talvolta, qualora lo stenting non sia soddisfacente o nei casi di re-stenosi, abbiamo optato per un secondo trattamento con angioplastica.

Nello studio di Audard5, il tasso di successo tecnico dell’angioplastica percutanea transluminale (PTA) era del 93% e l’incidenza della re-stenosi era del 23%. Risultati simili sono riportati da Wong8. Mammen ha evidenziato come i pazienti con TRAS trattati con PTA/ stenting avevano un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 76,3%, superiore rispetto ai pazienti con trapianto di rene che non hanno sviluppato TRAS (72,9%), sottolineando in tal modo l’efficacia a lungo termine del trattamento endovascolare9. In sintesi, l’effetto benefico sulla funzione renale della PTA su TRAS è di lunga durata.

Pertanto, la PTA, combinata con eventuale posizionamento di stent, essendo un approccio mininvasivo con ottimi risultati funzionali dovrebbe essere il trattamento di prima linea nei pazienti affetti da TRAS post trapianto. La rivascolarizzazione chirurgica a nostro avviso è giustificata solo in seguito a fallimento delle procedure endovascolari.

La particolarità di questo caso risiede nel fatto che il recupero funzionale è avvenuto a circa 6 mesi dal trapianto, dunque molto tempo dopo il trattamento endovascolare. In letteratura, diverse serie presentano evidenti miglioramenti in termini di creatinina sierica e dipendenza dalla dialisi a un mese dalla procedura5,8.

Conclusioni

In una condizione clinica di ritardata ripresa funzionale (DGF) o di disfunzione precoce del trapianto, una complicanza vascolare come la TRAS deve essere sempre presa in considerazione e indagata. Gli effetti terapeutici della PTA in caso di TRAS devono essere valutati a lungo termine. Dopo aver escluso altre cause di disfunzione del trapianto (ad esempio il rigetto acuto) un’attesa armata può avere successo. In questo caso, non interrompere la terapia immunosoppressiva e non espiantare precocemente l’organo si è rivelata una strategia vincente.

Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interesse.

L’articolo è ispirato a : Montali F, Panarese A, Binda B, Lancione L, Pisani F. Transplant renal artery stenosis: a case report of functional recovery six months after angioplasty. Transpl Proc 2021; 53: 1272-4.

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8. Wong W, Fynn SP, Higgins RM, et al. Transplant renal artery stenosis in 77 patients: does it have an immunological cause? Transplantation 1996; 61: 215-9.

9. Mammen NI, Chacko N, Ganesh G, et al. Aspects of hypertension in renal allograft recipients. A study of 1000 live renal transplants. Br J Urol 1993; 71: 256-8.