I donatori anziani: una risorsa per i pazienti in attesa,
una sfida per le rianimazioni e per i centri di trapianto

Massimo Cardillo

Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Roma.

Pervenuto il 13 dicembre 2022.

Negli ultimi mesi del 2022 la Rete nazionale trapianti ha assistito all’avvicendarsi di due record riguardanti l’età di un donatore di organi: il 31 ottobre è stata la volta di una donna di 97 anni e 9 mesi deceduta a Fabriano, un caso che aveva affiancato altri quattro prelievi da persone 97enni realizzati nel 2003, nel 2008, nel 2018 e nel 2019. L’11 novembre è stata la volta di un altro successo per la Rete: per la prima volta al mondo è stato donato a scopo di trapianto un organo da una persona ultracentenaria. A livello internazionale non risultano donazioni di organi solidi da persone decedute oltre il secolo di vita ma solo alcuni rari prelievi di tessuto. Il prelievo, che non ha precedenti documentati in letteratura scientifica, è stato effettuato all’Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze su una donna deceduta a 100 anni, 10 mesi e 1 giorno: il suo fegato, con il via libera dei coordinamenti operativi del Centro regionale trapianti della Toscana e del Centro nazionale trapianti, è stato giudicato idoneo e trapiantato con successo in una persona in lista d’attesa presso l’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa.

Nel 2021 sono stati 188 i donatori di organi ultraottantenni, il 13,6% del totale, ai quali si sono aggiunti 461 donatori deceduti tra i 65 e i 79 anni: complessivamente quasi un donatore su due, lo scorso anno, era over 65, mentre l’età media dei donatori utilizzati si è attestata a quota 60,4 anni. Permane invece una maggiore diffidenza delle persone anziane nel dichiarare in vita il consenso alla donazione degli organi, fuorviate dalla convinzione errata di non poter donare per ragioni anagrafiche: nel 2021 il tasso di opposizione medio nelle dichiarazioni rilasciato al rinnovo della carta d’identità è stato del 31,1%, percentuale che però sale al 45,5% tra i 70-80enni e addirittura al 61,7% tra gli over 80. Nel panorama internazionale, l’esperienza italiana è certamente emblematica, soprattutto quando viene confrontata con quella di altri Paesi: ad esempio, l’età media dei donatori utilizzati negli Stati Uniti o nel Regno Unito è molto diversa, e sensibilmente inferiore, di circa 10 anni.

Il primo forte messaggio che si legge dietro queste notizie è la straordinaria capacità della rete donativa nazionale di portare alla donazione persone così anziane. Il donatore di età avanzata, infatti, richiede al team di professionisti della rianimazione un’attenzione del tutto particolare, ad esempio nella valutazione dell’idoneità degli organi, come anche nello escludere la presenza di malattie potenzialmente trasmissibili con il trapianto, come le malattie tumorali, che nell’anziano sono più frequenti e possono essere misconosciute. L’esecuzione di una TAC total body del donatore può aiutare nell’evidenziare la presenza di lesione sospette, che possono essere poi valutate con maggiore dettaglio nella fase di prelievo, e magare sottoposte ad indagine istologica.

La donazione degli organi di una persona anziana richiede anche uno sforzo organizzativo a tutta la struttura ospedaliera, nella strutturazione delle reti tempo dipendenti: infatti, come ci insegna l’esperienza delle regioni dove questi assetti sono stati meglio definiti, la possibilità di una donazione deve essere sempre prevista quando le cure per il paziente si sono rivelate inefficaci e la prognosi è sfavorevole, anche se il paziente è molto anziano. La donazione quindi si realizza attraverso l’esistenza di percorsi dedicati, di posti letto di terapia intensiva disponibili per queste finalità, ed una rete di consulenze in grado di risolvere le problematiche relative alla sicurezza ed alla qualità degli organi e dei trapianti.

Non tutti gli organi reagiscono allo stesso modo ai danni provocati dall’invecchiamento: quelli toracici, come cuore e polmoni vengono danneggiati più in fretta, soprattutto nella componente vascolare, mentre i reni, e soprattutto il fegato, sono in grado di mantenere una longevità spesso sorprendente. Il fegato, in particolare, grazie alle capacità rigenerative delle cellule che lo compongono, gli epatociti, può raggiungere età molto avanzate, mantenendo una funzione ottimale, soprattutto quando è l’organo è stato soggetto ad uno stile di vita sano.

Un ulteriore possibilità per estendere i criteri di utilizzo degli organi provenienti da donatori anziani ci viene dalle nuove tecnologie di perfusione e di conservazione degli organi “ex-situ”, cioè una volta prelevati e prima di essere trapiantati. Queste “macchine di perfusione” consentono una migliore conservazione degli organi rispetto alla tradizione conservazione “statica” a bassa temperatura: l’organo, infatti, viene perfuso con una soluzione che può essere anche a temperatura fisiologica; in questo modo l’organo, che continua ad avere un metabolismo fisiologico, può essere meglio osservato e valutato nelle sue capacità di funzionamento e può essere anche trattato in modo da diminuire il danno da ischemia-riperfusione. Questa esperienza sulla conservazione degli organi “con criteri estesi” è stata anche maturata negli ultimi anni nell’utilizzo di organi da donatori a cuore fermo, che nella realtà italiana hanno forti elementi di marginalità per via della normativa sull’accertamento di morte.

Il cambiamento della distribuzione demografica non riguarda soltanto i donatori, ma interessa anche i riceventi. Negli ultimi anni abbiamo osservato una progressiva estensione dei criteri di inserimento in lista d’attesa per trapianto, legati all’età. Mentre un tempo i 70 anni erano considerati un traguardo non superabile, oggi in molte situazioni questo limite non esiste più, per tutti gli organi, grazie alla capacità dei centri di affrontare e risolvere le situazioni cliniche più complesse, ed anche al cambiamento degli stili di vita di molti pazienti, che ha portato alla diminuzione delle comorbidità legate all’avanzare degli anni. Le principali controindicazioni al trapianto, infatti, non dipendono tanto dall’età anagrafica dei pazienti, quanto dalle malattie associate all’insufficienza dell’organo che deve essere trapiantato: uno stato di salute complessivamente buono e l’assenza di patologie associate può fare la differenza per l’indicazione ed il buon esito del trapianto.

In conclusione, gli ultimi casi registrati e i record mondiali di donazione da parte di una persona di età molto avanzata ci danno un’ulteriore conferma che la Rete trapianti nazionale è sempre attiva nel tentativo di utilizzare tutti gli organi disponibili per soddisfare la domanda di trapianto dei più di 8000 pazienti che aspettano in lista, e che non hanno una possibilità di cura altrettanto efficace. Questi concetti devono essere disseminati maggiormente tra i nostri cittadini, ed ognuno, nella rete, può fare la propria parte, per ridurre i tassi di opposizione nelle persone anziane che erroneamente ritengono di non essere più idonee.