La Rete trapiantologica italiana a vent’anni dalla legge 91-99:
come cambiare per affrontare il futuro

Massimo Cardillo

Direttore del Centro Nazionale Trapianti, Roma.

Pervenuto il 3 marzo 2022.

Il primo aprile del 1999 è stata una data storica per la trapiantologia italiana: finalmente veniva approvata dal Parlamento la legge n° 91 recante “Disposizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e tessuti”.

La legge fu definita dall’allora Ministro della Salute Rosy Bindi “un passo in avanti sul piano della civiltà e della solidarietà”. La 91-99 colmava un vuoto durato per i precedenti 40 anni, formalizzava la Rete trapiantologica italiana e decretava la nascita del Centro Nazionale Trapianti (CNT). Non solo: la legge sanciva anche la possibilità che ciascun cittadino italiano potesse esprimere in vita la propria volontà in merito alla donazione.

Tutti coloro che lavorano nella Rete trapiantologica, i pazienti, i volontari delle associazioni di settore o i semplici cittadini hanno potuto verificare quanto sia stato importante formalizzare un’organizzazione nazionale, regionale e locale del processo di donazione e trapianto. In questi 20 anni la Rete è passata da una capacità di cura che si attestava sui 900 trapianti all’anno ai circa 4000 di oggi, dall’essere nazione di emigrazione sanitaria verso Paesi di riferimento, a diventare luogo di accoglienza per pazienti stranieri. I trapianti sono, oggi, una cura ordinaria erogata dal Sistema Sanitario Nazionale e inclusa nei livelli essenziali di assistenza, intorno alla quale si muovono équipe di professionisti di diverse discipline che concorrono insieme all’obiettivo ultimo che è la cura del paziente in attesa di trapianto.

Allo stesso modo, i venti anni trascorsi hanno messo in luce alcuni punti sui quali è possibile migliorare il sistema, per poter aumentare i donatori e ridurre il numero dei pazienti in lista d’attesa. Il più evidente tra tutti è la mancata attuazione del “silenzio-assenso” introdotto dagli art. 4 e 5 della legge. In questi anni, infatti, tale norma non ha di fatto trovato applicazione, ed ancor oggi per la manifestazione della volontà di donare vige il principio del consenso o dissenso esplicito (come indicato dall’art. 23 “Disposizioni transitorie” della legge). Il “silenzio-assenso”, infatti, presumeva un’adeguata informazione ai cittadini da parte dello Stato, necessaria a formare il loro consenso: nell’aprile 2000 ogni cittadino maggiorenne ricevette a casa il tesserino blu del Ministero della Salute; furono stampati 49 milioni di tesserini; senza dubbio fu la prima campagna in cui furono investite la maggiori risorse in assoluto sul tema della donazione di organi e tessuti. All’indomani dell’emanazione della legge, però, si capì subito, dati i timori che emersero nell’opinione pubblica circa il prelievo post-mortem, che ciò che andava costruita era una vera e propria cultura della donazione. A ciò si aggiunse l’assenza di una solida procedura di notifica della richiesta di manifestazione della propria volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti (come esplicitamente richiesto dal comma 2 dell’art 5), che di fatto rese non possibile l’applicazione della norma.

In tutti questi anni, sono stati molteplici gli sforzi da parte del CNT, dei centri regionali, delle Associazioni di volontari e di pazienti, per accrescere l’informazione sul tema e la consapevolezza dei singoli, nonostante una progressiva riduzione dei finanziamenti ministeriali sulle campagne di comunicazione. Un enorme balzo in avanti nell’aumento del numero di registrazioni di dichiarazioni nel Sistema Informativo Trapianti è stato fatto grazie all’introduzione della possibilità di dichiarare la propria volontà presso gli uffici anagrafe dei Comuni al momento del rilascio o rinnovo della carta d’identità: siamo passati dalle 978mila dichiarazioni del 2000 alle 11.960.876 del 2021.

L’esperienza però ci ha anche insegnato che, a fronte di un allargamento del bacino di persone che hanno dichiarato la loro volontà (seppur in termini percentuali rappresentino ancora poco più del 55% degli aventi diritto), aumentano anche le opposizioni alla donazione. I NO registrati in occasione del rinnovo o rilascio della carta di identità, che siano espressi con convinzione o per scarsa informazione sul tema, hanno un impatto importante sul sistema. I dati ci mostrano anche, come è successo nel corso del 2021, che a fronte di una massiccia e capillare campagna di informazione si possono aumentare la conoscenza e la consapevolezza dei cittadini in tema di donazione e trapianto e ridurre il numero delle opposizioni registrate in Comune.

L’aumento delle dichiarazioni di volontà e, parallelamente, la riduzione delle opposizioni espresse in vita dai cittadini sono uno dei temi percepiti come più cogenti in questo momento dalla Rete trapiantologica. Non sono gli unici. È per questo che il CNT, insieme a tutti gli esperti della Rete Trapianti (Consulta e CNT), ha avviato un processo di revisione della legge 91-99, attraverso il coinvolgimento di tanti attori che costituiscono la Rete e che, organizzati in gruppi di lavoro, formuleranno una proposta da portare all’attenzione del Ministro della Salute.

Il primo dei tavoli di discussione è proprio quello incentrato sulla individuazione di modalità di registrazione della volontà più agili, immaginando l’utilizzo di strumenti digitali ormai diffusi.

Un altro tema oggetto di revisione nei gruppi è quello relativo al vincolo dell’anonimato a cui è tenuto il personale sanitario amministrativo in base all’art. 18, comma 2, della legge 91-99. Su questo argomento, la posizione del CNT e della Rete è in linea con il parere espresso sul tema nel 2018 dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), proprio su richiesta del CNT. In quell’occasione, il CNB ha ribadito che “l’attuale procedura che privilegia l’anonimato sia un requisito indispensabile nella fase iniziale della donazione degli organi e sia indispensabile anche nella fase successiva, a trapianto effettuato, se entrambe le parti coinvolte non manifestano alcun consenso libero, valido ed informato verso la possibilità della reciproca conoscenza”. Tuttavia ha anche ritenuto che “nella fase successiva al trapianto, non sia contraria a principi etici che caratterizzano la donazione degli organi la possibilità che la famiglia del donatore deceduto e il ricevente diano un consenso libero, valido e informato per avere contatti e incontri”. Lo stesso Comitato ha suggerito che “la caduta dell’anonimato tra i soggetti coinvolti nel trapianto deve trovare un riscontro legislativo per stabilirne la parte terza responsabile della mediazione donatore/ricevente e regolarne la procedura; è auspicabile che il modello base sia predisposto preferibilmente dall’Istituto Superiore di Sanità, valido per tutto il territorio nazionale”. Il tavolo tematico, dunque, intende proprio lavorare in questa direzione.

A questi temi, in un’ottica di revisione della legge 91-99, se ne aggiungono altri, che attengono in modo più specifico all’organizzazione del sistema che regola la Rete trapiantologica e che, dopo 20 anni di esperienze e di evoluzione, necessita anch’esso di una revisione e di un differente assetto organizzativo-gestionale.

Non a caso sono, stati dedicati tre tavoli allo studio dell’assetto organizzativo e funzioni del CNT, dei Centri Regionali per i Trapianti e dei Coordinamenti Ospedalieri del Prelievo. Le principali criticità che vanno affrontate da questo punto di vista riguardano l’inquadramento di questi importanti nodi della Rete trapiantologica nei piani organizzativi delle aziende sanitarie, così come la piena realizzazione di misure di sostegno già previste in atti normativi di cui la Rete si è dotata nel corso degli anni.

Un tema che va contestualizzato rispetto all’oggi è anche quello della tariffazione delle attività di donazione e trapianto: il riconoscimento dei costi che le aziende sanitarie sostengono per queste attività è in molti casi datato; l’evoluzione delle tecnologie sanitarie oggi disponibili (come ad esempio le macchine di perfusione degli organi prelevati) impone peraltro un’accurata analisi della sostenibilità dell’utilizzo di queste tecnologie e delle migliori possibilità di cura che si possono offrire ai pazienti. In questo senso, sarebbe auspicabile valutare questi costi in un’ottica di medio-lungo termine, perché le terapie avanzate che migliorano la vita dei pazienti spesso hanno costi maggiori nell’immediato, ma nel tempo consentono risparmi che hanno positive ricadute sul sistema complessivo. Si pensi ad esempio al trapianto di rene, che si ripaga in poco più di un anno rispetto all’alternativa del trattamento dialitico, oltre ad avere una positiva ricaduta sulla gestione socio-sanitaria dei pazienti.

Saranno poi dedicati due focus specifici, rispettivamente, al procurement e trapianto di tessuti e all’organizzazione del trapianto da vivente, che nel nostro Paese, nonostante i dati migliori di sempre ottenuti nel corso del 2021, va ancora incentivato. In questo senso, la revisione della normativa potrebbe consentire la piena applicazione delle indicazioni contenute nell’accordo di conferenza Stato-Regioni del 2020, e portare finalmente i livelli di donazione da vivente in Italia al passo con i Paesi europei più avanzati.

Vi sarà un tavolo dedicato al completamento del Sistema Informativo dei Trapianti, che si occuperà della revisione e dell’aggiornamento del sistema per le funzionalità già previste dalla 91/99, e per l’integrazione di nuovi processi, come la tracciatura della donazione delle CSE con l’assegnazione del SEC (codice unico europeo), e il registro nazionale dei donatori PMA, per tracciare la donazione eterologa dei gameti. L’occasione sarà anche unica per investire risorse allo sviluppo di un unico sistema operativo per tutto il territorio nazionale: questo consentirebbe di superare molto criticità oggi esistenti nell’interfacciamento dei vari sistemi regionali.

Un tema particolarmente caro al CNT è poi quello dell’utilizzo degli organi e tessuti donati per finalità di ricerca. Ad oggi, nel nostro Paese, il consenso alla donazione, espresso in vita dal donatore e o dai familiari al momento della morte del congiunto, permette il solo utilizzo degli organi o tessuti donati per trapianto terapeutico ma, nel caso in cui questi non risultino idonei al trapianto, non ne è consentito nessun altro tipo di utilizzo. Al contrario, poter disporre di tale materiale biologico per finalità di studi e ricerche è fondamentale, ed aiuterebbe ad acquisire nuove conoscenze e ad aprire future possibilità di cura per i malati in attesa di trapianto.

Gli ultimi due tavoli saranno dedicati ai temi dei requisiti delle strutture dedicate ai prelievi ed i trapianti ed al trapianto nel paziente straniero. Quest’ultimo tema è diventato particolarmente critico negli ultimi anni, a causa della forte pressione che arriva dalle richieste di inserimento in lista in Italia di malati provenienti da Paesi nei quali la terapia del trapianto non è disponibile. È importante che queste richieste vengano gestite nel rispetto del principio dell’autosufficienza per la donazione, e che soprattutto si attivino percorsi di cooperazione tra autorità competenti, al fine di sviluppare programmi di donazione e trapianto in quei Paesi.

Il percorso che porterà a definire la proposta di revisione della legge è appena iniziato, e coinvolge tantissimi esperti di donazione e trapianto sul territorio nazionale e del CNT. Sono certo che il risultato, per il quale si prevede un tempo di realizzazione di tre mesi, sarà all’altezza delle aspettative e fornirà al tavolo interministeriale e al Ministro della Salute un contributo utile a migliorare il già elevato livello della nostra Rete, affinché si possano garantire cure migliori a tutti i pazienti in lista in attesa di un trapianto.